domenica 8 settembre 2013

Jakarta, 6 settembre 2013

Il problema più grosso di Giacarta è il suo cattivo odore, dovuto non solo allo smog, ma alle fogne a cielo aperto, nei cui canali si rischia di continuo di cadere. E’ importante camminando, vedere bene, dove si poggiano i piedi perché oltre ai pavimenti dissestati e con buche dovunque, si trovano a distanza di pochi metri botole al di sotto delle quali scorrono i liquami. In alcuni punti li si versa direttamente dalla strada, lì certo vengono convogliate le acque piovane, come quelle della pulizia delle case. Ma i cittadini non sembrano preoccuparsene molto e accanto a quelle botole maleodoranti, mangiano e dormono. Molti, però, circolano con le mascherine sulla bocca. Nelle zone centrali, quelle intorno al Museo nazionale, invece, ci sono giardini molto curati e i giardinieri sono all’opera ogni giorno. A Glodok, dove siamo andati oggi, non c’è nulla di tutto questo. Qui vive la comunità cinese di Giacarta, buddista o taoista, nel quartiere ci sono i loro templi, è qui che un gruppo di fedeli seduti per terra, poverissimi, ci ha salutato offrendoci il loro cibo, un gatto intanto addentava un passero, la sua preda appena cacciata. Sorrisi e sguardi dei cinesi di Glodok, capelli sciolti e abiti meno morigerati, al confronto, però, i più svestiti siamo sempre noi. Bancarelle di frutta e merci varie a Glodok, anche quelle di rane pelate e granchi . Povertà e dignità a Gladok, dove sui muri scrostati si arrampicano piante in fiore e dove i tetti rossi fanno concorrenza alle lanterne cinesi.
Anna























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