Il problema più grosso di Giacarta è il suo cattivo odore, dovuto non
solo allo smog, ma alle fogne a cielo aperto, nei cui canali si rischia
di continuo di cadere. E’ importante camminando, vedere bene, dove si
poggiano i piedi perché oltre ai pavimenti dissestati e con buche
dovunque, si trovano a distanza di pochi metri botole al di sotto delle
quali scorrono i liquami. In alcuni punti li si versa direttamente dalla
strada, lì certo vengono convogliate le acque piovane, come quelle
della pulizia delle case.
Ma i cittadini non sembrano preoccuparsene molto e accanto a quelle
botole maleodoranti, mangiano e dormono. Molti, però, circolano con le
mascherine sulla bocca.
Nelle zone centrali, quelle intorno al Museo nazionale, invece, ci sono
giardini molto curati e i giardinieri sono all’opera ogni giorno. A
Glodok, dove siamo andati oggi, non c’è nulla di tutto questo. Qui vive
la comunità cinese di Giacarta, buddista o taoista, nel quartiere ci
sono i loro templi, è qui che un gruppo di fedeli seduti per terra,
poverissimi, ci ha salutato offrendoci il loro cibo, un gatto intanto
addentava un passero, la sua preda appena cacciata.
Sorrisi e sguardi dei cinesi di Glodok, capelli sciolti e abiti meno
morigerati, al confronto, però, i più svestiti siamo sempre noi.
Bancarelle di frutta e merci varie a Glodok, anche quelle di rane pelate
e granchi .
Povertà e dignità a Gladok, dove sui muri scrostati si arrampicano
piante in fiore e dove i tetti rossi fanno concorrenza alle lanterne
cinesi.
Anna